Mezz’ora a mezzanotte; ci si appressa per raggiungera la spiaggia, ci inoltriamo in un canalone; una piccola scogliera di sabbia compatta formatasi nei secoli erosa dall’acqua e vento... è l’ultimo ostacolo. Una moltitudine di umani penetra dentro questa fenda alzando nuvole di polvere, spingendosi come bestie al macello; lei ha i tacchi a spillo “Io mi fermo qui!” dice. L’altra, amica solidale, rimane con lei. Io e il mio amico raggiungiamo la battigia. Scavo una piccola valla nella sabbia e appoggio il cero ma non riesco ad accenderlo. Lì vicino crepita un falò. M’avvicino col cero alla fiamma; il calore lo rende viscido e nello stesso tempo mi s’appiccica ai grani di sabbia che il vento ha spolverato sulle mie mani ; scivola comunque tra le mie dita poiché il fastidioso senso di sporcizia mi fa rilasciare la presa; cade e pieno di sabbia non lo raccolgo ma lo lascio lì senza accenderlo. Accendo però il sigaro e aspiro le prime boccate; tra il fumo, innalzaldo gli occhi al cielo stellato, sopito e pensativo, mi ritornano in mente le parole: “Calati i sudici calzoni!” gli ordina il cabloco (meticcio). Uno, due, cinque, dieci, venti, venticinque, sono il numero di frustate che lo schiavo riceve come punizione per aver tentato la fuga...è lo stesso schiavo che si denuda.. Sono natiche scure, sudate, striate di quel violaceo per i colpi subiti. Natiche che gli occhi di Lenita (figlia del padre padrone) osservano scatenando in Lei una lussuriosa incontinenza. Lenita- la protagonista del romanzo “ La Carne” scritto da Julio Ribeiro nel novecento-, si gode la scena della fustigazione; immaginandosi come vestale romana, col pollice verso, decide la sorte dello schiavo e la propria lascivia. Il romanzo mi ha stregato; pieno di quei particolari che non esistono più; di una dolcezza e violenza inauditi come pochi sanno descrivere. Uno scrittore misconosciuto agli Italiani. L’Ho riletto con piacere. Nella dedica del mio amico Franklin a mo’ di bandella c’è scritto: Uma lembrança pelo seu aniversario e um abraço. Julio Ribeiro non è mai stato tradotto in Italiano: un grande della letteratura brasiliana.