Mi capita spesso di pensare alla fortuna, una benedizione per pochi e una speranza per molti.
La fortuna appaga errori e santifica un’esistenza reproba, forma eclettica per superare difficoltá imprevedibili
La fortuna aiuta nelle scelte pusillanimi anche se non si conoscono i destini di determinate manifestazioni.
Il comportamento del fortunato é pregevole laddove è una presenza consapevole ma sgradevole se l’interloquire è indiscreto.
L’aroma che si respira presso i fortunati inebria qualsiasi persona poiché, avvicinarsi a loro, alimenta una possibilità di ricevere, sia pur indirettamente, un mallo scartato.
Sembra che non ci siano controindicazione all’infuori dell’invidia, del complotto, del raggiro, della lusinga ai fini economici, del preterito uso indiscriminato della fortuna nel contestare una prassi inusitata.
Tutte queste azioni nascono nell’uomo con effetti dirompenti, implodendo in metaforiche simbiosi conclusive di quelle fasi supplettive discernenti l’amor proprio.
Gli sfortunati, aggregati sillabici e inconcludenti messeri, circuiscono la fortuna, come se l’infettarsi, tramite un tremulo titillo di sorte, possa derubricarli a una postfazione.
Tutto è involto in quel turpe desiderio foriero di facili guadagni, evocazioni epifanee, inclinazioni a sotterfugi, promesse, per contabilizzare amicizie perverse.
Ora, non si vuole deturpare un’amicizia perfetta, ma si é sicuri di chi effettivamente, in girotondo, s’alza e innalza un sentimento nobile (l’amicizia) per i propri fini? (dilapidare la fortuna altrui)